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In cucina bisogna avere rispetto degli archetipi e avere il coraggio di affrontare i grandi classici. Si fa presto a buttarsi nella sperimentazione, a provare abbinamenti maldestri e inusuali o ad affidarsi all’ultimo ingrediente di moda: la sorpresa di trovarsi davanti a qualcosa di nuovo spesso compensa l’effettiva qualità del risultato.
Quando si affronta la ciambella col buco non ci sono scuse. Deve essere alta, gustosa, morbida, né bagnata, né secca, bella da vedere e fedele alla sua stessa immagine.
Da un libro di ricette francesi, comprato a Strasburgo, viene fuori questo golosissimo ciambellone alla ricotta, a cui io ho aggiunto il cioccolato e che vi farà sedere a testa alta alla tavola dei pasticceri tradizionali.
INGREDIENTI |
STRUMENTI |
200 gr di burro non freddo |
1 ciotola capiente |
200 gr di zucchero |
1 contenitore per montare a neve |
3 uova |
1 frusta elettrica |
200 gr di ricotta |
1 coltello |
125 gr di latte |
1 tortiera col buco di 20/22 cm |
210 gr di farina |
1 cucchiaio di legno |
1 bustina di lievito |
forno |
150 gr di cioccolato tritato |
|
succo di limone |
|
Per prima cosa bisogna amalgamare bene in una ciotola il burro a temperatura ambiente con lo zucchero e un po’ di succo di limone, fino a che non viene un composto denso e cremoso.
Aggiungete a questo composto tre tuorli – tenendo da parte gli albumi che serviranno dopo – la ricotta e il latte. Amalgamate il tutto e quando avrà raggiunto una consistenza uniforme, aggiungete un po’ alla volta la farina setacciata e il lievito.
A questo punto mi sono preso la libertà, rispetto al libro “Le Grande Livre Marabout de la Patisserie Facile”, di versare anche il cioccolato tritato grossolanamente, che dà alla fine un risultato ancora più goloso.
In un altro recipiente (alcuni dicono che debba essere freddo, altri non si esprimono) montate a neve gli albumi con una frusta elettrica, in modo che siano ben fermi. Aggiungeteli al resto degli ingredienti in due tempi, in modo da amalgamarli senza troppa foga e senza “smontarli”: mi hanno insegnato che il modo migliore per unire gli albumi a neve è dare delle cucchiaiate frequenti dall’alta al basso. Questo avrete un risultato uniforme, versate il tutto in una tortiera col buco, imburrata e spolverata di farina.
Si cuoce in forno a 180° per circa 55 minuti, poi lo si lascia riposare prima di girarlo e portarlo in tavola trionfalmente.

Il brownie è un dolce decisamente godereccio, che esalta senza vergogna tre ingredienti benemeriti: cioccolato, burro e zucchero.
Una mia amica sostiene che la sua religione le impone di mangiare solo dolci che contengono cioccolato: effettivamente i dogma possono essere duri, ma quando si è sostenuti dalla fede…
Un aspetto geniale del brownie è che viene eccellente anche nella versione senza glutine, in modo del tutto semplice e senza bisogno di diventare dei piccoli chimici in cucina per sostituire la farina di grano con altre farine.
Questa versione del brownie con la farina di mandorle, di cui sono largamente debitore al bel blog “
Un’americana in cucina“, è quindi perfetta come dessert anche per i celiarci, ma davvero vale la pena provarla in ogni caso.
INGREDIENTI |
STRUMENTI |
280 gr di cioccolato fondente |
1 pentola |
200 gr di burro |
1 pentolino |
180 gr di zucchero |
1 cucchiaio |
3 uova intere |
1 ciotola capiente |
150 gr di farina di mandorle |
1 frusta |
100 gr di pinoli |
1 tortiera a cerniera di 22cm |
1 pizzico di sale |
forno |
Prima di tutto si accende il forno ventilato a 170 gradi.
Poi si mette in un pentolino il cioccolato, il burro, lo zucchero e il sale per sciogliere tutto a bagno maria (ovvero inserendo il pentolino in una pentola più grande piena d’acqua, facendo attenzione che sfiori l’acqua, ma che non sia immerso); si accende il fuoco e quando gli ingredienti iniziano a sciogliersi, si gira col cucchiaio lentamente, in modo che venga una bella crema liscia e densa. A me il brownie piace decisamente cioccolatoso, per cui ho abbondato un po’, senza prestare troppa attenzione alla bilancia: l’importante è che il cioccolato sia fondente, con almeno il 50% di cacao.
Quando sarà tutto sciolto, occorre resistere alla tentazione di mangiare questa crema col cucchiaio e la si lascia raffreddare leggermente. Quindi la si versa in una ciotola e si aggiungono le uova, una alla volta, sbattendo velocemente.
Non ho la minima idea se sia vero o no – l’arte dolciaria è piena di atti di fede – ma credo che sia importante lavorare tutti gli ingredienti con vigore e rapidità per fare sì che a fine cottura venga una buona crosticina sul brownie.
Finite le uova si aggiunge la farina di mandorle – potete comprarla già pronta oppure prendere delle mandorle e frullarle finemente – e i pinoli (nella ricetta originaria venivano aggiunte le noci, altrettanto buone, ma ho un debole per i pinoli e consiglio di provarli).
A questo punto si imburra la tortiera a cerniera, si mette un po’ di farina di mandorle (o di riso, o qualsiasi altra farina che serva a non fare attaccare il dolce e lo mantenga gluten free), e via in forno a 170° per 25 minuti. Il brownie non deve cuocere troppo, la vera libidine è quando sopra ha appunto una parte leggermente croccante e dentro è ancora un po’ morbido.
Se tutto va bene, finirà così (non ho fatto in tempo a fare altre foto!):

La Linzer è praticamente il motivo per cui ho ripreso a cucinare, dopo anni in cui il cibo buono era solo al ristorante e il cibo in casa era solo pre-cucinato.
Quando Mauro mi ha regalato il corso di pasticceria austro-ungarica dicendo “dato che vuoi riprendere a cucinare, un corso ti darebbe la giusta motivazione“, in realtà voleva semplicemente che fossi in grado di preparare il suo dolce preferito. Del resto, chi non partirebbe dalle torte di Sissi per rimettersi ai fornelli quando torna a casa dal lavoro?
La Linzer è un dolce splendido, perché ha insieme due caratteristiche fondamentali per la mia libidine: un odore che inebria e anticipa il gusto, insieme a una consistenza ruvida e corposa che mi dà subito l’idea di sazietà.
La mia ricetta è come sempre ispirata da altri più bravi di me: l’insegnante della Cucina Italiana, l’immancabile Cavoletto e una blogger tedesca che ho scoperto per caso (cioè per google):
INGREDIENTI BASE |
MARMELLATA |
STRUMENTI |
200 gr di farina |
almeno 300 gr di marmellata di lamponi |
1 ciotola capiente |
100 gr di mandorle tritate |
|
1 cucchiaio di legno |
100 gr di nocciole tritate |
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1 coltello |
200 gr di burro |
|
1 minipimer per mandorle e nocciole |
150 gr di zucchero |
|
1 tortiera con cerniera da 26/28 cm |
un uovo |
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1 colino per setacciare la farina |
cannella e chiodi garofano |
|
forno |
un goccio di grappa |
|
carta da forno |
20 gr di cacao in polvere |
|
pellicola per alimenti |
Per prima cosa tolgo il burro dal frigo per farlo ammorbidire. Quindi mescolo bene tutti gli ingredienti secchi: la farina setacciata, il cacao (è facoltativo, ma si aggiunge bene al mix aromatico della torta), lo zucchero, cannella e chiodi di garofano a piacere. A questo punto occorre tritare le mandorle e le nocciole, o prenderle già tritate come ho fatto io, e unirle al composto. Se le tritate con un minipimer, fate attenzione a non renderle una farina, ma a mantenerle granulose, perché sono ingredienti da sentire sotto i denti quando si morde la torta. In molte ricette vengono usate solo le mandorle o solo le nocciole, ma io preferisco non rinunciare a nulla :)
Dopo di che aggiungo il burro e lavoro tutto con le mani, fino a quando non si formano come delle grosse briciole. L’ultimo ingrediente fondamentale è l’uovo intero, che si può incorporare al resto o con le mani o con un cucchiaio di legno. Per terminare l’impasto alcuni aggiungono del limone, altri un bel goccio di grappa: io ho provato ovviamente la grappa, ed è una grande idea! Si forma infine una palla compatta, profumatissima e un po’ appiccicosa, la si avvolge nella pellicola e la si mette in frigo per almeno un’ora.
Una volta che gli ingredienti si sono bene compattati e armonizzati tra loro, prendo circa 2/3 dell’impasto per stendere la base e il rimanente per fare un bordo circolare e le decorazioni interne.
L’impasto finale non è facilissimo da stendere e io mi trovo bene a fare questa operazione direttamente con le mani nella tortiera, debitamente imburrata e infarinata, o meglio ancora sulla carta da forno, facendo attenzione a non pressare troppo per non farla attaccare. Sull’impasto spalmo la marmellata di lamponi (o altro, l’importante è che non sia troppo dolce) a volontà.
Con il resto dell’impasto ci si può sbizzarrire a seconda della propria pazienza, abilità e fantasia. A me le strisce “da crostata” non vengono mai particolarmente bene, ma le trovo irresistibili. Poi, ribadisco, il bello di questa torta è più la sua concretezza che la sua raffinatezza!
Inforno per almeno 20 minuti a 180 gradi. Annusare a piacere e servire con moderazione.

foto di Mauro Tosca
Esistono ricette facili, altre veloci, altre di sicuro successo, altre ancora furbe. Ecco, l’antipasto che ho imparato a preparare in Perù è decisamente furbo, perché, anche se non viene particolarmente bene, può affascinare i commensali grazie alla sua storia; inoltre si presta alle sperimentazioni e ad accogliere vari ingredienti presenti in casa.
Il piatto si chiama Causa Rellena e Erick, chef del Marcelo Batata e insegnante di cucina, ci ha raccontato questa storia: durante la guerra del 1879 contro il Cile, le donne di Lima volevano raccogliere fondi per sostenere i soldati impegnati al fronte. [Ovviamente io ho subito pensato a Rossella O’Hara col suo abito verde, che partecipa annoiata alla festa per la raccolta fondi e dona il suo anello solo per dare torto a Rhett]. Le limane, meno chic ma con più senso pratico, si misero a cucinare e si inventarono un piatto da vendere “por una causa”, quella della guerra appunto, basato su alcuni ingredienti fondamentali, ma poi aperto anche alla fantasia di chi lo prepara. Da allora il piatto si chiamo Causa, è ancora in voga nella cucina peruviana e può essere a base di carne, di pesce o anche vegetariano, con diversi sapori al suo interno: basta rispettare la base e la cupola di patate, onorare la presenza dell’avocado e considerare un ragionevole equilibrio tra gli ingredienti!
Questa è la ricetta delle causas di pollo che abbiamo cucinato e mangiato noi. Con gli ingredienti riportati qui sotto si ottengono quattro causas di medie dimensioni:
INGREDIENTI BASE |
INGREDIENTI PER LE SALSE |
STRUMENTI |
1 kg di patate |
Salsa di peperoni |
almeno 1 coppapasta |
2/3 lime |
2 peperoni gialli |
1 pentola per le patate |
2/3 avocado |
olio di semi |
1 tagliere per affettare |
400 gr di pollo |
|
1 coltello |
2 uova sode |
Salsa piccante |
1 griglia per il pollo |
una ventina di olive nere |
1 barattolo di aji amarillo |
1 piatto fondo |
coriandolo |
maionese |
1 forchetta |
sale e pepe |
|
1 pentolino per le uova |
Per prima cosa, occorre ungere bene d’olio l’interno del coppapasta, magari aiutandovi con dello scottex. Potete fare una causa alla volta o tante insieme, dipende da quanti coppapasta avete :)
Il primo ingrediente sono le patate, che vanno messe a bollire (io le metto in acqua fredda con la buccia, quando l’acqua bolle aspetto almeno mezz’ora e le tolgo). Una volta che sono pronte, le si versano su un piatto fondo e si schiacciano con la forchetta fino a ottenere una pasta compatta e senza grumi, condendole a piacere con olio di semi, succo di lime, sale e pepe. A questo punto si aggiunge alle patate un cucchiaio di crema di peperoni gialli (un peperone giallo, pulito dai semi, frullato con un po’ d’olio), si mescola e si mette un po’ di impasto nel coppapasta per fare una base di 1 cm. La crema di peperoni può essere sostituita da un curry, o addirittura dalla maionese, insomma da una salsa che serva a compattare ulteriormente le patate. Cercate di creare con le dita una base liscia, compatta e alta uguale dato che dovrà sostenere tutto il resto della causa.
Il secondo ingrediente è l’avocado, che va sbucciato e tagliato a fettine come si fa con il limone. Disponete queste fette in cerchio nel coppa pasta, con la parte più spessa del bordo verso l’esterno, di modo che poi si veda bene il verde quando le servirete in tavola.
È arrivato il momento del pollo (o dei gamberetti, o di una verdura carnosa come le melanzane), che va grigliato e poi tagliato a listarelle col coltello. A questo punto mescolate la maionese e l’aji amarillo (si tratta di una salsa estremamente piccante, piuttosto facile da trovare nei negozi etnici) con dosi a piacere, a seconda che preferiate un risultato dolce o forte, versatela sul pollo e create un nuovo strato, sopra l’avocado. Se per caso non riuscite a trovare questa salsa, potete sostituirla con qualsiasi cosa piccante vi venga comoda e in mente.
Un altro strato è composto di olive nere tritate grossolanamente, poi di uovo sodo sempre tritato e del coriandolo finale.
Infine chiudete questo scrigno di sapori con le patate rimanenti, lisciando ben bene la parte alta, sempre per motivi estetici. Estraete delicatamente il coppapasta e vi troverete un gustosissimo mix di sapori e un piatto decisamente completo! Consiglio di usare delle forme non troppo larghe di diametro, altrimenti più che un antipasto diventa un secondo in piena regola. Anche la quantità degli ingredienti, in definitiva, dipende dai gusti e da quello che si ha in casa: per esempio si possono fare 2 strati di avocado, di olive, e via dicendo, oppure non usare affatto alcuni ingredienti, sostituendoli con altri a piacere.
L’importante è ricordarsi sempre di raccontare la storia e chiedere agli ospiti un piccolo contributo per la causa!


- colazione mangiata e scattata da Mauro Tosca
C’era una volta un bel locale parigino in cui andare a fare il brunch in compagnia degli amici. Questo locale si chiamava Le Bal e serviva, tra le altre cose, Poitrine de porc, orge perlé, carottes, persil oppure Foie de veau de corrèze, patate douce, cerises anglaises. In mezzo a tanta opulenza e bontà, con pareti ricoperte di libri e camerieri che sembravano consulenti di bellezza e benessere, figurava anche il Bircher Muesli, tanto esotico quanto può esserlo un piatto di origine svizzera… Eppure fu amore a prima vista.
Come spesso accade nelle relazioni sentimentali, dopo l’infatuazione iniziale comincia la vera conoscenza e si scoprono aspetti a prima vista ignorati e per fortuna positivi. Per esempio il fatto che questo muesli può essere preparato con una varietà notevole di ingredienti che si hanno a disposizione in casa o che semplicemente soddisfano il proprio gusto; o ancora il fatto che d’estate, nelle calde mattine italiane, è una colazione corroborante e rinfrescante allo stesso tempo.
Questa è la ricetta che più o meno ho trovato in rete, con le solite variazioni personalissime:
PER IL MUESLI |
STRUMENTI |
VARIAZIONI LIBERE |
200g di avena |
una ciotola capiente |
un cestino di more |
350ml di succo di mela |
4 piccole ciotole per le singole porzioni |
una manciata di mandorle tostate |
2 mele verdi (o altre varietà, a seconda dei gusti) |
1 cucchiaio |
una manciata di noci |
125g di yogurt bianco |
pellicola trasparente |
qualche albicocca |
2 cucchiai di miele |
1 frigo |
|
Per prima cosa occorre mettere l’avena in una ciotola e affogarla con il succo di mela, coprire con della pellicola trasparente, mettere tutto in frigo e lasciare passare una notte. La mattina ci si sveglia, si versa sull’avena lo yogurt bianco, il miele, si tagliano a tocchetti 2 mele, si mescola il tutto e a questo punto la ricetta canonica è finita. Per arricchire il piatto si possono aggiungere altra frutta a pezzi e/o frutta secca. Per esempio a me piace molto con le more e con le mandorle. Prima o poi lo vorrei provare anche con le noci o con le albicocche.Una volta ho usato anche mezza banana che mi era rimasta dalla sera prima. Insomma, è praticamente il polpettone delle colazioni.
Con queste dosi si ricavano 4 porzioni abbondanti, che possono essere conservate in frigo per 2/3 giorni.
Niente fornelli, un ottimo svuota-frigo e molto gustoso.
Bon appetit!
La Bretagna è quella regione nel nord ovest della Francia dove le parole, soprattutto i nomi dei cibi, non hanno una parvenza francese, non odorano di chic e non alludono alla nouvelle cuisine: a tavola si trovano cose come il kig ha farz o il kouign amann. Non di meno la cucina ha una profonda anima francese. Laddove, infatti, veloci corronole nuvole nel cielo tanto quanto le maree si ritirano dalle spiagge, dove i fari resistono imperterriti al mare minaccioso, mentre a due passi rocce di granito rosa accolgono coppiette di ricchi vacanzieri, ecco, lì regna sovrano e beffardo il padrone di questa terra: il burro salato. Ovunque e a quintali, soprattutto nella pasticceria.

Un pregio di questa cucina baldanzosa è che non finge di essere gusto&leggerezza solo per rasserenare i nostri sensi di colpa sociali: il kouign amann è quasi faticoso da portare in giro, tanto è aggravato dal buerre demi-sel.
Devo ammettere però che nessun dolce mi ha davvero conquistato e dopo una settimana di esplorazione la Bretagna rimane per me la terra dei suoi affermati classici: il sidro e le crepes di grano saraceno (blé noir).
L’unica vera eccezione è il gioioso Quatre-Quarts, che mi ha conquistato al primo morso perché:
- ha un nome simpaticissimo, tanto che ho battezzato così anche il mio iPhone
- ha un retrogusto salato in un dolce da colazione, il che è una grande trovata
- il nome è praticamente la ricetta, quindi non bisogna impazzire a memorizzare ingredienti e dosi
Il Quatre-Quarts si basa infatti su concetto banalissimo: pesare le uova e usare la stessa qualtità di farina, burro e zucchero. In realtà
i puristi dicono che occorre equiparare il peso degli ingredienti a quello delle uova senza guscio, per cui o fate finta di niente (non cambia molto…), oppure prima pesate le uova, poi pesate i gusci e capite il peso effettivo.
Le dosi che inserisco nella tabella possono quindi essere variate a piacere, a seconda degli ingredienti che si hanno in casa o delle persone che dovranno mangiare questa bontà, purché si mantenga la regola aurea.
A me piace aggiungere a questo dolce le mele, che lo rendono ancora più morbido e “bagnato”.
PER L’IMPASTO |
PER LE MELE |
STRUMENTI |
4 uova |
3 mele |
Una ciotola capiente |
250g di burro SALATO |
60g di zucchero |
Una ciotola per montare a neve |
250g di zucchero |
3 cucchiai d’acqua |
Una frusta per amalgamare |
250g di farina |
cannella a piacere |
Un frullino elettrico per montare a neve |
un po’ di burro e farina per la tortiera |
|
una tortiera da plumcake (28-30 cm) |
mezza bustina di lievito |
|
un tegame |
Accendete il forno a 180°.
Tagliate le mele a cubetti. Mettete il tegame sulla fiamma con i 60g di zucchero e i 3 cucchiai d’acqua. Quando lo zucchero si sarà sciolto, aggiungere le mele e la cannella e fate cuocere per una decina di minuti. Poi spegnete. Ci sarà un ottimo odore :)
Separare i tuorli e gli albumi, ricordando che alla peggio è meglio mettere un po’ di albume nei tuorli che non viceversa (e se volete a questo punto pesate i gusci). Poi ai tuorli unite lo zucchero e iniziate a usare la frusta per 5-10 minuti (a seconda della voglia), finché il composto non è bello chiaro e cremoso. A questo punto aggiungete la farina, il lievito e il burro fuso, finché il composto non diventa piuttosto solido. Lasciate riposare mentre montate a neve gli albumi e poi li unite all’impasto un po’ alla volta (non so perché, ma c’è scritto ovunque così e io mi fido).
Quando avete amalgamato tutto bene, unite anche le mele caramellate, mescolate, versate nella teglia da plumcake e via in forno per circa 40 minuti. Se il dolce si scurisce troppo in fretta, abbassate un po’ il calore e prima di toglierlo fate sempre la celeberrima prova stecchino.

foto di Mauro Tosca (sullo sfondo le altre torte commissionate da Paola Barabino)
VARIANTE: ho trovato un altro modo di usare le mele. Il procedimento iniziale è lo stesso, ovvero zucchero sciolto con l’acqua e mele. Solo che poi si usa una classica teglia da torta tonda, si distendono le mele come base e sopra queste si versa l’impasto del quatre-quarts. Al termine dei 40 minuti in forno, si lascia raffreddare un po’ la torta e poi la si capovolge, un po’ come la Tarte Tatin.
Ah, già, la Tarte Tatin…appena riesco a fare una base che mi soddisfi, pubblico anche questa delizia.
Un personale Disclaimer verso i lettori e le forchette che capitano su questo blog in cerca di golosità: per me i dolci migliori d’Italia si mangiano alle estremità del Bel Paese, ovvero in Alto Adige e in Sicilia. Ecco perché, invitato al compleanno della palermitana Irene (la stessa dei tortelli, praticamente la mia musa culinaria), ho pensato di puntare su un dolce che mangiavo sempre in Sud Tirolo.
Tra i ricordi più gustosi e piacevoli della mia infanzia ci sono infatti le pasticcerie di quella Val Pusteria in cui ho passato tutte le vacanze famigliari. Prendevamo sempre in affitto una stanza senza colazione e col senno di poi ho capito che i miei genitori non volevano privarsi del piacere di andare in pasticceria ogni mattina. Ricordo questi odori incredibili di zucchero sulla pasta fritta dei krapfen, di marmellata rossa nei croissant, di mele e cannella insieme, e la voce di mio padre che ci ripeteva che quei dolci erano così buoni solo lì per merito dell’acqua di montagna. E poi, sopra tutti, sontuosa nella sua corazza di cioccolato, la torta Sacher.
Fare la Sacher in casa è abbastanza impegnativo, soprattutto per i tempi di assemblaggio dei vari ingredienti e per la quantità di strumenti che è meglio avere a disposizione, ma se siete armati di tutto e avete almeno un paio d’ore di tempo, allora potete togliervi una soddisfazione notevole.
La ricetta che ho seguito per la torta di Irene nasce direttamente da quella di Cavoletto, con qualche innesto di GialloZafferano, più la solita personalizzazione: io la preferisco con la marmellata ai frutti rossi al posto di quella di albicocche, perché dà una punta acida a tutti questa dolcezza.
INGREDIENTI PER LA BASE |
DALLA BASE ALLA SACHER |
STRUMENTI |
5 uova |
FARCITURA |
1 ciotola grande per gli ingredienti |
140g di zucchero |
250g di marmellata di frutti rossi |
1 frusta |
150g di olio Cuore |
|
1 sbattitore per montare a neve |
100g di cioccolato fondente |
COPERTURA |
1 ciotola per montare 5 albumi |
75g di farina |
150g di cioccolato fondente |
1 tortiera a cerniera da 24cm |
25g di farina di mandorle |
150g di zucchero |
1 pennello da cucina e/o una spatola |
1 bustina di lievito |
75ml di acqua |
1 pentola e un pentolino per il bagno maria |
1 pizzico di sale |
|
1 gratella per tenere la torta sollevata |
|
|
1 coltello ben affilato |
|
|
forno |
|
|
(facoltativo) forno a microonde |
Per iniziare si dividono i tuorli e gli albumi e intanto si può accendere il forno a 180°. Nella ciotola coi tuorli si aggiunge lo zucchero e si inizia a mescolare bene con la frusta, finché non viene una spuma biancastra: io ci do sotto per 3/4 minuti, è anche un ottimo allenamento per le braccia. Quando il risultato è cremoso, si aggiunge l’olio un po’ alla volta. La ricetta di Cavoletto mi piace proprio perché nella torta non mette il burro, ma l’olio di semi; io personalmente uso l’olio Cuore, perché nei dolci mi ha dato sempre soddisfazioni. Poi si fa sciogliere il cioccolato fondente a bagnomaria (o al microonde, ma non ditelo in giro) e quando è pronto lo si lascia intiepidire. Cosa fare mentre il cioccolato si fredda un po’? Si montano a neve gli albumi. Quando sono pronti, si versa il cioccolato, la farina, la farina di mandorle e il lievito nella ciotola con il resto, girando sempre con la frusta. Per ultimi si aggiungono gli albumi a neve e si gira più delicatamente, fino a quanto tutto è bello cioccolatoso, denso e senza grumi.
A questo punto si versa il composto in una tortiera da 24cm ben imburrata e infarinata e si fa cuocere a 180° per 35/40minuti. Cavoletto la cuoce 50minuti, ma a me dopo mezz’ora risulta già pronta e inizia a scurirsi troppo: fate la prova dello stecchino, per cui se lo infilate nella torta e ne esce asciutto, allora è pronta. Vi consiglio di non toglierla immediatamente dal forno, perché tende a sgonfiarsi. Io la lascio dentro ancora una decina di minuti, aprendo poco il forno.
Quando è pronta, aprite la cerniera della tortiera e posizionate questa base sulla gratella, un aggeggio che rende la preparazione successiva meno complicata. Qui si affronta una delle prove più temibili per il pasticcere dilettante, ma esigente: tagliare la torta in orizzontale in due parti uguali, senza prendere strade sbilenche. Io ho usato un coltello grosso e affilato, c’è chi usa il seghetto, chi addirittura un filo di cotone. Io appoggio delicatamente una mano sulla torta, poi inizio a tagliarla un po’ alla volta in tondo, senza mai andare troppo in profondità e una volta che ho fatto un giro completo e ho tracciato la via, allora mi metto a tagliare del tutto.
Una volta che l’avete divisa in due, appoggiate la parte alta su un ripiano e su quella bassa iniziate a spalmare la marmellata in modo uniforme, lasciandone da parte almeno un terzo. Poi rimettete la parte alta della torta sul resto e col pennello spalmate la marmellata rimanente su tutta la superficie, compresi i bordi. Lasciate riposare la torta per almeno mezz’ora e magari approfittane per fare qualche foto, come queste:

alcune immagini del procedimento
Quando la base e la marmellata sono diventate una cosa sola, potete fare la copertura di cioccolato. Leggendo un po’ in rete mi è sembrato di capire che esistono due scuole, ovvero quelli che usano la panna e quelli che usano solo cioccolato. Ho fatto entrambi i procedimenti e nel primo caso la copertura rimane più morbida, nel secondo leggermente più croccante ed è quella che personalmente preferisco.
Prendete un pentolino (ho usato quello in cui avevo sciolto il cioccolato a bagnomaria) e ci mettete dentro i 150g di zucchero e i 75ml d’acqua e lo tenete sul fuoco per due o tre minuti dopo il bollore. Poi spegnete la fiamma e vi aggiungete il cioccolato in pezzi piccoli (o sciolto al microonde, ehm), girate bene finché non è completamente privo di grumi.
A questo punto andate a rovesciare la vostra copertura di cioccolato bello caldo sulla torta, aiutandovi magari con una spatola per coprire in modo uniforme tutta la superficie, compresi i bordi. Io ho fatto questa operazione appoggiando la gratella sul lavello, lasciando così colare il cioccolato senza sporcare troppo in giro. Oppure, se lo volete fare sul tavolo, sotto la gratella potete mettere un largo foglio di carta da forno.
Ora non vi resta che lasciarla riposare e indurire, mentre tutti questi sapori si amalgamano magicamente e voi vi sedete esausti pensando che i soldi dati in pasticceria erano davvero ben spesi.

la Sacher su Instagram
Evidentemente la natura ha senso dell’equilibrio: ha concesso che l’Islanda si prendesse una varietà impressionante di fenomeni fisici, ma poi gli ha lasciato due alimenti in croce. Vulcani quanti ne volete, dopo di che potete mangiare praticamente solo agnello e scampi (buonissimi, sia chiaro) e, se avete voglia di dolce, torta al rabarbaro o torta alle carote.
Preparare a casa quello che si è mangiato in viaggio è un modo per sentire di esserci stati, di conoscere e sapere fare cose diverse. Avendo trovato il rabarbaro, non mi restava che cercare una ricetta anche per la torta di carote, un dolce che ho spesso visto anche nelle pasticcerie inglesi.
Per prima cosa ho frugato nella bella sezione di food della BBC, che ha una grande varietà di ricette catalogate per i diversi chef dei propri canali, e che propone la conversione tra il loro sistema di misura e il nostro (polemiche sul fatto che gli inglesi guidano dove gli pare, misurano come gli pagare, e pagano con cosa gli pare sono sempre ben accette). Poi ho trovato su Instagram la foto di un ragazzo che aveva seguito la ricetta di Jamie Oliver e ho deciso di provarci anch’io.
Jamie mi perdonerà, ma ho apportato qualche piccolissima modifica:
INGREDIENTI |
PER LA FARCITURA |
STRUMENTI |
150g di burro |
A) Al formaggio |
Cucchiaio di legno |
250g di zucchero di canna |
100g di mascarpone |
Qualcosa per tritare carote, mandorle e noci (se non li avete presi già tritati) |
170g di farina |
200g di Philadelphia |
Una ciotola grande per tutti gli ingredienti |
250g di carote tritate |
85g di zucchero a velo |
Una ciotola per montare 5 albumi |
1 cucchiaino di bicarbonato |
Scorza di limone |
Una frusta per montare a neve, meglio se elettrica |
Scorza e succo d’arancia |
|
Tortiera di 22cm |
100g di mandorle tritate |
B) Alla glassa |
Una spatola (non indispensabile) |
100g di noci tritate (oppure 200g di noci, senza mandorle) |
1 albume |
Forno |
cannella q.b. (desideravo scriverlo da una vita) |
Scorza e qualche goccia di limone |
|
5 uova intere |
200g di zucchero a velo |
|
un pizzico di zenzero, se vi va |
|
|
un pizzico di noce moscata, se vi va |
|
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Prima di tutto bisogna tirare il burro fuori dal frigo per farlo un po’ scaldare, così si lavora più facilmente: io avevo in casa il Piacere Leggero della Granarolo e il dolce è venuto ugualmente bene. Se non avete tempo, tenetelo qualche secondo nel microonde e intiepiditelo a forza. Nel frattempo si possono tritare le carote: io per comodità le ho prese al supermercato già tagliate Julienne, così nel minipimer ci ho messo un attimo.
Mettete in una ciotola il burro con lo zucchero e lavoratelo un po’ col cucchiaio di legno finché non vi viene una bomba calorica ben amalgamata. A questo punto mettete i tuorli, scorza e succo di arancia e iniziate a mescolare. È il momento di aggiungere tutti gli ingredienti secchi: la farina, il bicarbonato, zenzero e noce moscata (se vi piacciono le spezie, altrimenti potete anche saltarli), mandorle, noci tritate e carote tritate.
Mescolate tutto e vi verrà un bel composto denso e dal colore brillante.
A questo punto in un’altra ciotola montate a neve gli albumi, li unite al resto e avete fatto il vostro impasto.
Imburrate la tortiera (io ci metto anche un velo di farina, che aiuta a non fare attaccare l’impasto) e cuocete a 180° per circa 50 minuti, finché non diventa bella dorata. Io dopo i primi 40minuti mi sono messo a fare la prova stecchino (lo infilate nella torta, se esce bagnato, la torta non è pronta) e in effetti mi ci sono voluti 50 minuti.
Quando è bella dorata la togliete e la fate raffreddare; nel frattempo potete fare la copertura della torta. Qui Jamie Oliver consiglia una farcitura al formaggio, che io ho fatto, ma secondo me si abbina ancora meglio la glassa come nelle torte islandesi, anche perché il ripieno non è particolarmente dolce, ma è bello corposo, per cui preferisco metterci sopra dello zucchero che non del formaggio.
Se volete seguire Jamie, mescolate insieme tutti gli ingredienti, fino a formare un composto cremoso. Per fare la glassa invece sbattete bene l’albume da solo, poi un po’ alla volta aggiungete lo zucchero a velo e qualche goccia di limone.
In entrambi i casi prendete una spatola (o qualsiasi altro strumento vi possa servire allo scopo, come un coltello) e spalmate la farcitura sulla torta e un po’ sui lati. Se avete ancora qualche noce intera, potete usarla per decorare.
Da mangiare, specialmente a colazione o merenda, pensando ai viaggi, ai vulcani, al vento del Nord Europa.

foto di Mauro Tosca
E con una ricetta islandese che potete trovare qui.
