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Linzer Torte: la torta che profuma di torta

§ dicembre 3rd, 2012 § Filed under Ricette dal mondo § Tagged , , , , , , , , § 1 Comment

La Linzer è praticamente il motivo per cui ho ripreso a cucinare, dopo anni in cui il cibo buono era solo al ristorante e il cibo in casa era solo pre-cucinato.

Quando Mauro mi ha regalato il corso di pasticceria austro-ungarica dicendo “dato che vuoi riprendere a cucinare, un corso ti darebbe la giusta motivazione“, in realtà voleva semplicemente che fossi in grado di preparare il suo dolce preferito. Del resto, chi non partirebbe dalle torte di Sissi per rimettersi ai fornelli quando torna a casa dal lavoro?

La Linzer è un dolce splendido, perché ha insieme due caratteristiche fondamentali per la mia libidine: un odore che inebria e anticipa il gusto, insieme a una consistenza ruvida e corposa che mi dà subito l’idea di sazietà.

La mia ricetta è come sempre ispirata da altri più bravi di me: l’insegnante della Cucina Italiana, l’immancabile Cavoletto e una blogger tedesca che ho scoperto per caso (cioè per google):

INGREDIENTI BASE MARMELLATA STRUMENTI
200 gr di farina almeno 300 gr di marmellata di lamponi 1 ciotola capiente
100 gr di mandorle tritate 1 cucchiaio di legno
100 gr di nocciole tritate 1 coltello
200 gr di burro 1 minipimer per mandorle e nocciole
150 gr di zucchero 1 tortiera con cerniera da 26/28 cm
un uovo 1 colino per setacciare la farina
cannella e chiodi garofano forno
un goccio di grappa carta da forno
20 gr di cacao in polvere pellicola per alimenti

 

Per prima cosa tolgo il burro dal frigo per farlo ammorbidire. Quindi mescolo bene tutti gli ingredienti secchi: la farina setacciata, il cacao (è facoltativo, ma si aggiunge bene al mix aromatico della torta), lo zucchero, cannella e chiodi di garofano a piacere. A questo punto occorre tritare le mandorle e le nocciole, o prenderle già tritate come ho fatto io, e unirle al composto. Se le tritate con un minipimer, fate attenzione a non renderle una farina, ma a mantenerle granulose, perché sono ingredienti da sentire sotto i denti quando si morde la torta. In molte ricette vengono usate solo le mandorle o solo le nocciole, ma io preferisco non rinunciare a nulla :)

Dopo di che aggiungo il burro e lavoro tutto con le mani, fino a quando non si formano come delle grosse briciole. L’ultimo ingrediente fondamentale è l’uovo intero, che si può incorporare al resto o con le mani o con un cucchiaio di legno. Per terminare l’impasto alcuni aggiungono del limone, altri un bel goccio di grappa: io ho provato ovviamente la grappa, ed è una grande idea! Si forma infine una palla compatta, profumatissima e un po’ appiccicosa, la si avvolge nella pellicola e la si mette in frigo per almeno un’ora.

Una volta che gli ingredienti si sono bene compattati e armonizzati tra loro, prendo circa 2/3 dell’impasto per stendere la base e il rimanente per fare un bordo circolare e le decorazioni interne.

L’impasto finale non è facilissimo da stendere e io mi trovo bene a fare questa operazione direttamente con le mani nella tortiera, debitamente imburrata e infarinata, o meglio ancora sulla carta da forno, facendo attenzione a non pressare troppo per non farla attaccare. Sull’impasto spalmo la marmellata di lamponi (o altro, l’importante è che non sia troppo dolce) a volontà.

Con il resto dell’impasto ci si può sbizzarrire a seconda della propria pazienza, abilità e fantasia. A me le strisce “da crostata” non vengono mai particolarmente bene, ma le trovo irresistibili. Poi, ribadisco, il bello di questa torta è più la sua concretezza che la sua raffinatezza!

Inforno per almeno 20 minuti a 180 gradi. Annusare a piacere e servire con moderazione.

foto di Mauro Tosca

 

Il muesli estivo del dottor Bircher

§ luglio 12th, 2012 § Filed under Ricette dal mondo § Tagged , , , , , , , , , § No Comments

colazione mangiata e scattata da Mauro Tosca

 

C’era una volta un bel locale parigino in cui andare a fare il brunch in compagnia degli amici. Questo locale si chiamava Le Bal e serviva, tra le altre cose, Poitrine de porc, orge perlé, carottes, persil oppure Foie de veau de corrèze, patate douce, cerises anglaises. In mezzo a tanta opulenza e bontà, con pareti ricoperte di libri e camerieri che sembravano consulenti di bellezza e benessere, figurava anche il Bircher Muesli, tanto esotico quanto può esserlo un piatto di origine svizzera… Eppure fu amore a prima vista.

Come spesso accade nelle relazioni sentimentali, dopo l’infatuazione iniziale comincia la vera conoscenza e si scoprono aspetti a prima vista ignorati e per fortuna positivi. Per esempio il fatto che questo muesli può essere preparato con una varietà notevole di ingredienti che si hanno a disposizione in casa o che semplicemente soddisfano il proprio gusto; o ancora il fatto che d’estate, nelle calde mattine italiane, è una colazione corroborante e rinfrescante allo stesso tempo.

Questa è la ricetta che più o meno ho trovato in rete, con le solite variazioni personalissime:

 

PER IL MUESLI STRUMENTI VARIAZIONI LIBERE
200g di avena una ciotola capiente un cestino di more
350ml di succo di mela 4 piccole ciotole per le singole porzioni una manciata di mandorle tostate
2 mele verdi (o altre varietà, a seconda dei gusti) 1 cucchiaio una manciata di noci
125g di yogurt bianco pellicola trasparente qualche albicocca
2 cucchiai di miele 1 frigo

 

Per prima cosa occorre mettere l’avena in una ciotola e affogarla con il succo di mela, coprire con della pellicola trasparente, mettere tutto in frigo e lasciare passare una notte. La mattina ci si sveglia, si versa sull’avena lo yogurt bianco, il miele, si tagliano a tocchetti 2 mele, si mescola il tutto e a questo punto la ricetta canonica è finita. Per arricchire il piatto si possono aggiungere altra frutta a pezzi e/o frutta secca. Per esempio a me piace molto con le more e con le mandorle. Prima o poi lo vorrei provare anche con le noci o con le albicocche.Una volta ho usato anche mezza banana che mi era rimasta dalla sera prima. Insomma, è praticamente il polpettone delle colazioni.

Con queste dosi si ricavano 4 porzioni abbondanti, che possono essere conservate in frigo per 2/3 giorni.

Niente fornelli, un ottimo svuota-frigo e molto gustoso.

Bon appetit!

Alla ricerca del Quatre Quarts bretone

§ giugno 4th, 2012 § Filed under Ricette dal mondo § Tagged , , , , , , , , , § No Comments

La Bretagna è quella regione nel nord ovest della Francia dove le parole, soprattutto i nomi dei cibi, non hanno una parvenza francese, non odorano di chic e non alludono alla nouvelle cuisine: a tavola si trovano cose come il kig ha farz o il kouign amann. Non di meno la cucina ha una profonda anima francese. Laddove, infatti, veloci corronole nuvole nel cielo tanto quanto le maree si ritirano dalle spiagge, dove i fari resistono imperterriti al mare minaccioso, mentre a due passi rocce di granito rosa accolgono coppiette di ricchi vacanzieri, ecco, lì regna sovrano e beffardo il padrone di questa terra: il burro salato. Ovunque e a quintali, soprattutto nella pasticceria.

 

Un pregio di questa cucina baldanzosa è che non finge di essere gusto&leggerezza solo per rasserenare i nostri sensi di colpa sociali: il kouign amann è quasi faticoso da portare in giro, tanto è aggravato dal buerre demi-sel.

Devo ammettere però che nessun dolce mi ha davvero conquistato e dopo una settimana di esplorazione la Bretagna rimane per me la terra dei suoi affermati classici: il sidro e le crepes di grano saraceno (blé noir).

L’unica vera eccezione è il gioioso Quatre-Quarts, che mi ha conquistato al primo morso perché:

  • ha un nome simpaticissimo, tanto che ho battezzato così anche il mio iPhone
  • ha un retrogusto salato in un dolce da colazione, il che è una grande trovata
  • il nome è praticamente la ricetta, quindi non bisogna impazzire a memorizzare ingredienti e dosi

 

Il Quatre-Quarts si basa infatti su concetto banalissimo: pesare le uova e usare la stessa qualtità di farina, burro e zucchero. In realtà i puristi dicono che occorre equiparare il peso degli ingredienti a quello delle uova senza guscio, per cui o fate finta di niente (non cambia molto…), oppure prima pesate le uova, poi pesate i gusci e capite il peso effettivo.
Le dosi che inserisco nella tabella possono quindi essere variate a piacere, a seconda degli ingredienti che si hanno in casa o delle persone che dovranno mangiare questa bontà, purché si mantenga la regola aurea.
A me piace aggiungere a questo dolce le mele, che lo rendono ancora più morbido e “bagnato”.

 

PER L’IMPASTO PER LE MELE STRUMENTI
4 uova 3 mele Una ciotola capiente
250g di burro SALATO 60g di zucchero Una ciotola per montare a neve
250g di zucchero 3 cucchiai d’acqua Una frusta per amalgamare
250g di farina cannella a piacere Un frullino elettrico per montare a neve
un po’ di burro e farina per la tortiera una tortiera da plumcake (28-30 cm)
mezza bustina di lievito un tegame

 

Accendete il forno a 180°.

Tagliate le mele a cubetti. Mettete il tegame sulla fiamma con i 60g di zucchero e i 3 cucchiai d’acqua. Quando lo zucchero si sarà sciolto, aggiungere le mele e la cannella e fate cuocere per una decina di minuti. Poi spegnete. Ci sarà un ottimo odore :)

Separare i tuorli e gli albumi, ricordando che alla peggio è meglio mettere un po’ di albume nei tuorli che non viceversa (e se volete a questo punto pesate i gusci). Poi ai tuorli unite lo zucchero e iniziate a usare la frusta per 5-10 minuti (a seconda della voglia), finché il composto non è bello chiaro e cremoso. A questo punto aggiungete la farina, il lievito e il burro fuso, finché il composto non diventa piuttosto solido. Lasciate riposare mentre montate a neve gli albumi e poi li unite all’impasto un po’ alla volta (non so perché, ma c’è scritto ovunque così e io mi fido).

Quando avete amalgamato tutto bene, unite anche le mele caramellate, mescolate, versate nella teglia da plumcake e via in forno per circa 40 minuti. Se il dolce si scurisce troppo in fretta, abbassate un po’ il calore e prima di toglierlo fate sempre la celeberrima prova stecchino.

foto di Mauro Tosca (sullo sfondo le altre torte commissionate da Paola Barabino)

 

VARIANTE: ho trovato un altro modo di usare le mele. Il procedimento iniziale è lo stesso, ovvero zucchero sciolto con l’acqua e mele. Solo che poi si usa una classica teglia da torta tonda, si distendono le mele come base e sopra queste si versa l’impasto del quatre-quarts. Al termine dei 40 minuti in forno, si lascia raffreddare un po’ la torta e poi la si capovolge, un po’ come la Tarte Tatin.

Ah, già, la Tarte Tatin…appena riesco a fare una base che mi soddisfi, pubblico anche questa delizia.

 

I tortelli di zucca adatti anche alle donne incinte

§ marzo 7th, 2012 § Filed under Ricette dalla famiglia § Tagged , , , , , , , , , , § No Comments

Ovvero una domenica d’inverno con Irene all’ottavo mese, una zucca dell’orto e un tagliere in giro per Milano.

Sulla bellezza della zucca non accetto discussioni. Capisco, invece, che il suo gusto possa non piacere a tutti. Mi sembra assolutamente normale, infine, che si possa avere paura di affrontarne una chiusa e intatta. Sarà che le zucche che mi trovo a maneggiare io provengono direttamente da un orto domestico e sono fondalmente il Jurassic Park vegetale: dure, cattive e pronte a lottare.

Arriva però il giorno in cui si decide di fare a quattro mani (le altre due sono di Irene, appunto) un famoso piatto che impazza tra l’Emilia e la Lombardia, i tortelli di zucca di cui esistono mille e validissime versioni. La ricetta che trovate qui non ha il privilegio di essere proprio tramandata da generazioni, dato che mia mamma li compra già fatti e alla mia nonna emiliana non ho mai chiesto come li facesse: è semplicemente quello che viene fuori empiricamente assaggiando l’impasto fino a decidere che sì, è l’equilibrio dei sapori che fa per noi. I tortelli di zucca hanno dentro ingredienti così buffi che occorre attenersi alle ricette più diffuse perchè vengano bene, ma occorre anche concedersi delle licenze perchè piacciano davvero a chi li fa.

Due numeri forse non essenziali, ma davvero utili per la buona riuscita sono:

  • una buona zucca, di quelle che quando le apri (e se riesci ad aprirle) spargono un odore dolce in tutta la cucina, quasi di melone
  • due persone ai blocchi di partenza, perchè chiudere i tortelli da soli è faticoso; l’attività è possibile anche per donne in avanzato stato di gravidanza (non è colpa della zucca se Anita è nata, bellissima, tre giorni dopo)

 

PER IL RIPIENO PER LA SFOGLIA STRUMENTI
800g di zucca 600 g di farina PER LA SFOGLIA: un tagliere e un matterello (o una macchinetta per tirarla)
60g di amaretti 6 uova PER CUOCERE LA ZUCCA: un forno tradizionale oppure uno a microonde e un tegame
130g di parmigiano sale PER IL RIPIENO: un passapatate o una forchetta per schiacciare la zucca, qualcosa per tritare il grana e gli amaretti
1 uovo un bicchiere con acqua tiepida a portata di mano PER ASSEMBLARE: una forchetta e una scodella capiente
un po’ di noce moscata, a piacere PER TAGLIARE: una rotella
sale e pepe a piacere PER RIPORRE: 2/3 vassoi di cartone

 

Prima di tutto si taglia la zucca a spicchi, si tolgono filamenti e semi e poi bisogna prendere una decisione. Se si segue la tradizione, la zucca va cotta al forno per un’oretta a 180° e quando è pronta la si schiaccia con la forchetta o il passapatate; se ci si vuole mettere meno tempo, si può passare la zucca al microonde per una decina di minuti, finché non diventa molto semplice togliere la buccia (tipo un melone) e poi la si passa in un tegame con sale e pepe. Credo che il tempo di cottura dipenda dalla qualità della zucca, ma non ci si può sbagliare: quando è sfatta, è pronta (la nostra ha impiegato meno di mezz’ora).

Dopo di che si unisce in una scodella la zucca bella cremosa con le uove, il parmigiano e gli amaretti grattugiati, la noce moscata, sale e pepe. Per dire, all’inizio avevamo messo meno grana, poi assaggiandolo ci pareva un po’ dolce e ne abbiamo aggiunto ancora, fino ad arrivare a 130 grammi abbondanti.

Per quanto riguarda la sfoglia, riassumo brevemente gli insegnamenti materni:

Si prende la farina e si fa una “fontana” (che poi per me è più simile al cratere di un vulcano). Si rompono le uova nel centro, si sala e con la forchetta si sbattono le uova circolarmente e si raccoglie un po’ alla volta la farina, scavando il cratere dall’interno. Quando la forchetta non serve più, si raccoglie la farina avanzata con le mani e si inizia a impastare con pazienza e decisione, usando la parte bassa del palmo della mano formando una palla bella liscia. Per evitare che dentro restino dei grumi occorre afferrare con le dita e tenere ferma la parte bassa dell’impasto e con il palmo lavorare il resto. La sfoglia si può lavorare in più direzioni e mia mamma ogni tanto la sbatte anche sul tagliere, perché, a suo dire, questo la rende più liscia. In ogni caso è una scusa per sfogare un po’ di nervosismo. Una volta che è liscia, compatta e voi siete stanchi (difficilmente l’avete fatta bene se avete ancora forza nelle braccia), dovete avvolgerla nella pellicola e lasciarla riposare per almeno mezz’ora in frigo. La tradizione contadina vuole che, prima di metterla via, si faccia col coltello una croce sulla sfoglia. Nel dubbio la faccio sempre, vatti a fidare.

Per stenderla noi abbiamo usato la macchinetta, arrivando alla chiusura massima per avere una sfoglia molto sottile. Abbiamo creato una serie di rettangoli alti circa 10cm (ma senza stare a impazzire con le misure), poi abbiamo disposto delle noci di impasto per il lungo a una distanza regolare, lasciando un paio di cm dal bordo, così come dall’inizio e dalla fine del rettangolo. Una volta terminata la fila abbiamo piegato la parte di sfoglia libera sopra quella con l’impasto e abbiamo schiacciato la sfoglia attorno alla noce d’impasto, per togliere l’aria e fare attaccare bene il tortello. A questo punto con una rotella si tagliano i bordi per creare i tortelli e sigillare la sfoglia. Appoggiateli con cura, distanziati l’uno dall’altro, su un vassoio di cartone, un po’ infarinato. Se cercate qualche bella immagine in più sul procedimento, vi consiglio giallozafferano o questo blog.

Sappiate che a questo punto sono passate circa due ore e non siete disposti a sentire critiche. Li cuocete in acqua bollente e salata, e dopo 5/6 minuti li togliete con la schiumarola. Condire con burro e salvia. Ricevere complimenti e prepararsi al parto. Ah no, questo è facoltativo. Oppure è merito della croce? Vatti a fidare delle tradizioni.